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DOPO AUSMERZEN: SCEGLIERE CON IMPEGNO UNA VITA DEGNA




Se non lo aveste già fatto siete ancora in tempo per andare a vedere lo spettacolo teatrale "Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute" al Teatro della cooperativa di Milano, in via Hermada 8, dove resta fino a domani, domenica 3 marzo.

Tratto da un lavoro del bravissimo Marco Paolini quest'opera imperdibile ha la regia , le scene ed i costumi di Renato Sarti, che vi recita anche con la consueta maestria, accompagnato dalla bravissima Barbara Apuzzo, attrice professionista.

La coppia, su un palcoscenico scarno ma incredibilmente suggestivo, dà vita ad una serie di quadri che si succedono con un  ritmo in crescendo ad una storia-testimonianza, un ritmo incalzante che non consente distrazioni, sul fil rouge  di un evento  inaccettabile, che diventa educativo proprio per questo.

Lo sfondo, ma anche il primo piano, è la storia del famigerato "Programma T4", che i più conoscono come la sistematica eliminazione di persone affette da malattie genetiche inguaribili, disabilità, difformità, praticato nei confronti degli stessi tedeschi nella Germania nazista da personale medico appositamente preparato: tra le innumerevoli vittime, indifferentemente, donne , uomini, bambini colpevoli di essere malati, quindi solo "un costo sociale ", "una vita indegna di essere vissuta",  agli occhi dell'implacabile macchina del Terzo Reich. In pochi anni, dagli inizi al 1941, non meno di 200.000 persone.

Lo spettacolo già così sarebbe completo, anzi, più che completo.

Ma non è solo questo. Non è solo narrazione.

A partire da quella importantissima 'lezione civile' che è il testo di Paolini, Renato Sarti e Barbara Apuzzo , lei stessa attrice disabile, costruiscono un cammino in cui si disvela molto  più di un programma politico: si manifesta quanto l'eugenetica permei la società umana, non solo perché di fatto nacque molto prima del nazismo, ma perché ha il potere di "fare breccia" dentro di noi, di agganciarsi ad un'idea di "miglioramento" unidirezionale, al bisogno di considerare pericolosa ogni forma di diversità. Fino ad escluderla, anche nel più tragico e perverso dei modi.

Questa la grande testimonianza dello spettacolo, questo il suo grande insegnamento, questo il messaggio che arriva come un pugno allo stomaco, molto più forte addirittura delle storie narrate di chi perse la vita in nome di "Aktion T4", è cioè il fatto che siamo noi ad accettarlo.

E per dirla tutta i due attori vanno a rintracciare le origini dell'eugenetica, non tanto nel mondo antico in cui compare sotto una prospettiva completamente diversa, ma nel darwinismo sociale che la vide espandersi nel XX secolo negli Stati Uniti, nella Germania e nel Regno Unito. Nel 1895 Adolf Jost parlava di "diritto alla morte", nel senso che lo Stato avrebbe avuto il diritto di imporre la morte a taluni individui al fine di migliorare la purezza del Volk, il popolo. Fu poi dal 1920 che si iniziò a parlare di "persone mentalmente morte", o anche di "gusci vuoti di esseri umani" in un lavoro scritto da Alfred Hoche  e Karl Binding , dal profetico titolo "Die Freigabeder Vernichtung lebensunwerten Lebens", "Il permesso di annientare vite indegne di vita".

La strada era tracciata. Il nazismo non fece che accoglierla.

Lo spettacolo si snoda poi attraverso la narrazione di forme molto collegate a tutto ciò, che nel '900 praticarono la "sterilizzazione coatta" come soluzione al non diffondersi nella società che ama chiamarsi 'civile' di forme di malattia mentale, schizofrenia, pazzia, comportamenti ossessivi e deviati.  Questi programmi vennero istituiti nella prima metà del secolo in molti paesi del mondo. La Germania poi li accolse nella visione hitleriana, estendendo parecchio la cerchia di coloro la cui progenie sarebbe stata un peso od un pericolo per la razza ariana, come ritardati mentali, depressi, epilettici, ciechi, sordi, alcoolisti, persone fisicamente deformi, anche in modo lieve.

Alla sterilizzazione obbligatoria, che ai tempi causava comunque una percentuale di morte elevatissima, si accompagnò e poi sostituì "AktionT4".

E' solo una sigla, dietro cui si cela molto, come iniziamo a capire.

E' l'abbreviazione di "Tiergartenstraße 4", un indirizzo di Berlino, via  nei pressi dello zoo, in cui si trovavano gli uffici del quartier generale dell'Ente pubblico per la Salute e l'Assistenza sociale che Hitler utilizzò per dar vita piena a quell'opera che dava "la morte per compassione".

Se si fa una gita turistica a Berlino in pullman, le guide più preparate, quando sei nell'elegante zona del Kurfürstendamm, il viale alla moda della città e giri verso il vecchio zoo, ti avvisano, un pò sottovoce, per non rovinare il clima gioioso della gita, che lì di fianco, proprio lì, c'erano quegli uffici, ed anche le camere, dove vennero portate in prima battuta le vittime del Programma T4, per essere poi destinate all'insaputa dei familiari agli altri sei centri ex ospedali o case di cura in cui 'mani pietose' avrebbero posto fine alle loro sofferenze con il 'trattamento speciale' ( tra essi il castello di Hartheim in Austria,  Sonnenstein in Sassonia, Brandeburgo sull'Havel vicino a Barlino).

Ma lo fanno sottovoce, invece Renato Sarti e Barbara Apuzzo lo urlano, lo gridano, lo affermano in ogni sillaba del testo teatrale dello spettacolo, lo rivelano alla nostra mente, lo fanno scendere nel nostro cuore.

E alla fine dello spettacolo capisci: adesso che lo sai veramente, con quel vero che i due attori hanno saputo toccare, non puoi più girarti dall'altra parte.

 

 

 

 

 

 

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