Sedici parole per fare un viaggio, fuori e dentro di sé. E’ quello che fa Nava Ebrahimi con questo libro “Sedici parole”, appunto, uscito a metà 2020 per i tipi di Keller.
Il volume, bellissima la copertina, è l’opera prima di questa scrittrice. Ha ottenuto subito un buon successo di pubblico e riconoscimenti dalla critica, tra cui il Premio del libro austriaco, categoria debutto, che lo colloca tra le voci più fresche e notevoli dell’ultima letteratura in lingua tedesca.
Nata a Teheran nel 1978, Nava Ebrahimi vive e lavora in Austria da tempo.
Questo suo primo romanzo ha subito stupito i lettori per molti aspetti.
Prima di tutto l’originale idea di costruire tutta la trama intorno alle sedici parole che, una per ogni capitolo, costituiscono le tappe di quel viaggio, da Colonia all’Iran, compiuto per il funerale della nonna.
Poi perché i lettori si rendono conto piano piano che si apre davanti a loro un viaggio, sì, che sarà poi, però, un pretesto per un nuovo percorso, più tormentato e umano.
Quello di una donna che va alla ricerca di se stessa, tra le contraddizioni della storia della sua famiglia e quelle di una vita in una Germania, che in parte la accoglie, in parte no, spingendola a ritrovare i luoghi dell’Iran in cui tutto inizierà a parlarle.
Gli sguardi, le vie polverose, la fierezza degli abitanti, le tradizioni che non aveva in realtà dimenticato, le voci, i rumori, contribuiranno a ricostituire quella rete spezzata che inviluppava la sua vita fino ad allora.
E alla meta, forse, nuove possibilità, tra cui l’amore.
Infine è stata molto apprezzata l’eleganza dell’edizione (il libretto è proprio bello) e l’ottima traduzione di Angela Lorenzini.
Da leggere, per chi si sente in viaggio.
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