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LA RESISTENZA IN SEI STORIE, SEI VITE SPESE PER LA LIBERTA'

  • Immagine del redattore: pandavalli
    pandavalli
  • 24 apr
  • Tempo di lettura: 2 min

In occasione del 25 aprile è bello riproporre questa conferenza in cui il professor Gianpiero Soglio presenta le figure di sei uomini che diedero la vita per i valori della giustizia e della libertà, in modo generoso e aperto al desiderio di difendere i diritti e la bellezza vera della vita civile.



“Quattro campi, sei storie” Un viaggio della Memoria, il titolo della conferenza promossa da Inner Wheel Club di Lecco. A darle voce, il 22 ottobre, presso l’accogliente location “Officina Badoni” a Lecco, il Prof. Gianpiero Soglio, esperto storico in tema di deportazione nazifascista che ha offerto, al pubblico presente, una narrazione di grande impatto emotivo. Mauthausen, Ebensee, Gusen, Melk An Der Donau i campi di sterminio dove sono state rinchiuse le sei persone, provenienti dal nostro territorio, di cui il Prof. Soglio, in una sala attenta e tacita di pispigli, ne ha rievocato le tragiche vicissitudini, trascorse tra il 1943 e il 1945. Testimonianze di vite normali quelle di Roberto Camerani, Angelo Ratti, Quinto Calloni, Angelo Valagussa, Pietro Bastanzetti, Antonio Bonfanti, prima di finire vittime dell’ira nazifascista.



Aggiunta in conferenza anche la storia, recentemente studiata dal relatore, di Roberto Lepetit, ricco industriale farmaceutico milanese. Grande sostenitore della lotta partigiana e del Partito di Azione, è noto anche per aver organizzato un dispensario di medicinali, nel campo di Bolzano, dove fu internato prima di essere destinato ai lavori forzati a Melk. Troverà poi la morte a Ebensee due giorni antecedenti la liberazione del campo. In seguito, la moglie Hilda fece edificare, sulle zolle della fossa comune, dove probabilmente fu gettato, un monumento per rendere dignità a suo marito e a tutti coloro che con lui giacevano.

Oltre alle deportazioni di natura razzista vanno infatti ricordate quelle agite nei confronti degli oppositori politici e, non messe in ombra, quelle finalizzate al reclutamento di operai morti per fame o sfinimento perché costretti a lavorare in condizioni disumane. Vite simili a quelle di migliaia di internati, la cui identità non è a molti nota. Anche loro vanno ricordati, affinché non continuino a morire ma possano, simbolicamente, permanere nella memoria di tutti. Possiamo scegliere di leggere con indifferenza gli orrori scritti nelle pagine più nere della nostra Storia o possiamo unirci in un “canto corale” prendendo esempio, secondo il Prof. Soglio, dagli aborigeni australiani che, non avendo mappe del loro territorio, per tradizione ogni sua tribù tramanda, di generazione in generazione, una canzone che lo descrive. Se per gli aborigeni, una terra cantata non muore mai, per noi continuare a cantare il più possibile la storia di persone deportate, perseguitate o uccise nei campi di concentramento significa dare vero senso alla Giornata della Memoria, mantenere vivo e perpetuare il ricordo di tutte le vittime della repressione fascista e nazista. (A. C.)

 

 

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